identità
manifesto
Espressione viscerale e liturgica, giuramento e invocazione: accoglie e consacra.
Qui non si scatta. Si attende.
Si ascolta il tempo, si trattiene il respiro.
Non per nostalgia, ma per necessità.
La luce non illumina: rivela.
E ciò che emerge, non sempre consola.
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Qui la fotografia non è immagine.
È materia che si bagna,
odore che punge,
inchiostro che resta sotto le unghie.
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Ogni stampa è una genesi.
Ogni scatto è un gesto d’amore verso ciò che resiste.
La chimica non è tecnica: è rito.
La camera oscura non è buio: è grembo.
E chi entra, si riduce e si espande.
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Non c’è fretta.
Non c’è performance.
C’è solo un corpo, un’immagine,
una parete su cui dire:
“Ecco, io sono passato da qui.”
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Questo non è un laboratorio.
È una soglia.
Una fenditura nel ritmo dei giorni.
Un posto dove guardarsi senza didascalie.
Dove il buio non copre, ma costringe.
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Questa è un’officina e un altare.
Ogni bacinella è un grembo.
Ogni stampa è una reliquia.
Ogni errore è un atto di fede.
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Fotografia Liquida è un opificio del ritorno.
Un atto di cura contro l’oblio.
Un luogo in cui le cose non accadono per essere viste,
ma per essere sentite.
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Fotografia Liquida è una messa chimica
per corpi senza posa.
Un buio fecondo.
Un gesto sacro che odora di acido e di perdono.
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